Delitto E Perdono by Adriano Prosperi

Delitto E Perdono by Adriano Prosperi

autore:Adriano Prosperi
La lingua: ita
Format: epub, azw3, mobi
pubblicato: 2013-12-21T16:00:00+00:00


2. La morte al femminile.

Una differenza di genere c’era almeno nelle parole, quelle in uso per indicare la morte. È noto che le lingue neolatine hanno generalmente optato per il femminile, mentre quelle germaniche hanno conservato il genere maschile («der Tod» in tedesco) o il neutro («the Death», in inglese). Se interroghiamo la tradizione figurativa però la risposta dell’Europa medievale è chiara: nell’iconografia del Trecento il vivo è inseguito e preso per mano da uno scheletro che è un’immagine speculare di se stesso, la sua verità – uno scheletro con brandelli di carne putrida. Nella danza macabra il re vivo dà la mano al re morto, l’ecclesiastico grasso e riccamente abbigliato è inseguito dal suo scheletro, la donna giovane e fiera della sua bellezza ha una controfigura nella sua proiezione temporale oltre la morte. Il morto dà la mano al vivo e annulla le illusioni della vita mondana: ma è, appunto, il morto. Perché si passi al femminile «morte» occorre l’alleanza della cultura umanistica con la sensibilità cristiana. Qui si colloca il processo di astrazione e di mitizzazione che presiedette al «trionfo della Morte» come divinità superiore agli individui e nello stesso tempo mediatrice di processi interiori di distacco dal mondo terreno per avviarsi verso quello celeste. Niente esprime meglio questa alleanza del celebre affresco di Masaccio in Santa Maria Novella a Firenze: qui, nella sobria architettura classicheggiante di una cappella, due oranti guardano a Gesú crocifisso sovrastato da Dio Padre. Il loro sguardo è fisso verso l’alto; ma lo spettatore vede in basso aprirsi sotto i loro piedi un sepolcro dove uno scheletro dice a chi lo guarda: «Io fu[i] già quel che voi sete: e quel ch’i son voi ancor sarete»: il morto non è piú lo scheletro dalle carni putrescenti che danza sullo stesso piano del vivo: le ossa di Adamo sono collocate in un basso temporale che è il passato dell’intera umanità: la sua minaccia («quel ch’i son voi ancor sarete») è sventata dalla mediazione di Cristo che sta sopra di lui. Al rapporto orizzontale tra il vivo e il morto, l’uno negazione dell’altro, si sostituisce quello verticale tra una morte collocata nel passato della specie – Adamo, uno scheletro senza identità individuale, ripulito da ogni traccia di vita – e una identità divina e vitale nel futuro.

La morte, entità femminile classica pronta ad allearsi col mondo delle rappresentazioni cristiane, evocava tuttavia dei percorsi di preparazione ideale dai quali la cultura pagana aveva tentato di eliminare ogni debolezza femminea: il dualismo virile/femminile aveva trovato un luogo di forte caratterizzazione nella tradizione stoica e nell’elaborazione romana della virtú militare del morire per la patria. Questa tradizione, variamente alleata alla morale cristiana medievale, connotò come «virile» un tipo particolare di morte e determinate modalità del morire, che facevano della fine della vita qualcosa di liberamente accolto e assunto come un valore positivo. Solitudine, meditazione, rifiuto dei falsi valori della vita furono gli ingredienti stoici accolti dal cristianesimo e adattati all’idea della morte come passaggio a una vita superiore e sempiterna.



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